La scuola? Conta se di «carattere»

I fattori decisivi nel sistema educativo di domani

Quale direzione deve prendere la scuola davanti a un mondo che si trasforma in fretta? Una sola, decisiva domanda – posta dalla moderatrice Daniela Parisi, presidente di Diesse (Didattica ed Innovazione Scolastica), associazione professionale di insegnanti – apre la serata di mercoledì 26 aprile all’Hotel Astoria di Reggio. Risponde per primo Giorgio Vittadini, professore ordinario di Statistica metodologica all’Università degli Studi di Milano Bicocca e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. L’ospite siede al tavolo in qualità di curatore del libro “Far crescere la persona. La scuola di fronte al mondo che cambia”, una raccolta di saggi di autori vari, da Onorato Grassi a Luigi Berlinguer, da Paola Garrone a Susanna Mantovani, che affrontano la domanda iniziale partendo da un dato, cioè la tendenza sempre più spiccata a ridurre i sistemi scolatici a pratiche meccaniche e formali, ciò che non solo non consente di svolgere compiutamente la funzione educativa, ma si rivela a conti fatti inadeguato rispetto alle esigenze delle aziende.

Vittadini risponde appunto con pragmatismo, dati e slide alla mano, per dire che contrariamente a una certa vulgata mediatica la scuola è il fattore fondamentale dello sviluppo economico. Già la teoria del capitale umano, ribadita nel secolo scorso dalla Scuola di Chicago, ha mostrato che esiste un nesso direttamente proporzionale tra anni di istruzione e tasso di disoccupazione. Il miglioramento della qualità della formazione, oltretutto, diminuisce le disuguaglianze. Per prepararsi a un futuro che impone di cambiare ogni cinque anni, mentre fino a pochi decenni fa l’obsolescenza maturava in quaranta, i cosiddetti cognitive skills, cioè le abilità cognitive portate dalla pedagogia progressista, sono insufficienti.

Continua a leggere tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 6 maggio

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