«Dio, MUSICA che scorre in me»

Intervista a Nek: la vita, la carriera, la fede. Venerdì alle 20.45 in Cattedrale la testimonianza di Filippo Neviani

Un altro sassolese illustre che viene invitato a parlare a Reggio nell’arco di una ventina di giorni… Si chiama Filippo (di cognome fa Neviani), canta, suona, scrive canzoni, e i suoi occhi inconfondibilmente chiari sono azzurri esattamente come quelli del cardinale che l’ha preceduto in città l’11 marzo. In apparenza, similitudini e punti di contatto tra Camillo Ruini e Nek si fermerebbero qui, se non fosse che un altro episodio, risalente a vent’anni prima, li aveva già “inconsapevolmente” messi sulla stessa strada: era il 1997, e fu lo stesso Ruini, allora Vicario generale per la Diocesi di Roma, a riconoscere a nome del “Vescovo di Roma”, il Papa, “Nuovi Orizzonti” quale Associazione privata di fedeli, lo stesso movimento al quale il nostro Filippo aderirà convintamente alcuni anni più tardi, dopo aver conosciuto Chiara Amirante, “quella piccola grande donna piena di brio che un mattino del 1993 decise di dedicarsi ai tossici, ai senzatetto e agli ultimi che trovavano rifugio alla Stazione Termini” (così tratteggia la fondatrice nel libro “Lettera a mia figlia sull’amore”, BUR, 2016). Venerdì sera Nek incontra i giovani della diocesi mettendosi in dialogo con il vescovo Massimo.
Tra un volo e l’altro di qua e di là dall’Oceano, siamo riusciti ad intercettarlo per una conversazione sulla sua vita, la sua carriera, il rapporto con la celebrità, con la sua interiorità… e tanto altro.

Filippo, posso darti del tu e chiamarti col tuo nome di battesimo?
Certamente. Quando sto giù dal palco, amo tornare ad essere semplicemente Filippo. Poi, non appena s’accendono i riflettori, ridivento Nek. Ma non sono persone distinte: sono facce della stessa medaglia che si completano a vicenda.

Conoscevi già prima d’ora monsignor Camisasca?
Ho conosciuto “don Massimo”, se non erro, nel 2012. Fu un incontro informale ma molto intenso, nel quale si parlò proprio di evangelizzazione. Lui poi volle sapere di me e della mia professione. Era sinceramente interessato, positivamente incuriosito. Gli feci un piccolo riassunto della mia vita sui palchi.

Cosa ti ha portato ad accettare il suo invito per queste serate in Cattedrale?
Quando il Vescovo mi ha chiamato per questa testimonianza, avendomi spiegato l’idea delle tre serate, ho subito accettato perché credo sia una bella occasione per uscire dai soliti schemi. Incontrare i giovani dentro la Cattedrale poi rende tutto ancor più suggestivo. Della serie: siamo sì nella casa di Cristo, laddove si prega, ma in una casa si parla anche e vi possono arrivare ospiti con cui fraternizzare, riflettere, condividere. Trovo possa essere efficace soprattutto sui ragazzi, che il più delle volte vivono, con la Chiesa, un rapporto un po’ forzato.

Continua a leggere tutta l’intervista di Matteo Gelmini a Nek su La Libertà dell’1 aprile

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