Reggio reagisce alla crisi: cresce il Pil, scende la disoccupazione

Si fa un po’ più piccola (2.000 abitanti in meno e immigrati in calo di 6.000 unità in tre anni), al tempo stesso più accogliente e capace d’integrazione (10.600 nuovi cittadini in un triennio), ancora alle prese con un elevato numero di persone in condizione di vulnerabilità lavorativa (70.000), ma in deciso miglioramento sui valori relativi al Pil (+1,8%), all’occupazione (+0,5%) alla flessione del numero dei senza lavoro (-1,3%) e al reddito medio dei contribuenti (+6,3%).

E’ questa l’immagine del territorio provinciale di Reggio Emilia scattata dall’Osservatorio economico, coesione sociale e legalità della Camera di Commercio con il V Rapporto  sullo stato di salute della società e dell’economia reggiana, realizzato in collaborazione con il Comune capoluogo.

Una ponderosa ricerca curata da Gino Mazzoli, sociologo, che esordisce sottolineando, innanzitutto, il rallentamento, e il alcuni casi il superamento, di alcune delle maggiori criticità che hanno segnato gli ultimi dieci anni di storia della nostra provincia.

“Un contesto – avverte comunque Mazzoli – che rimane ineludibilmente fragile e segnato dalle modificazioni economiche e sociali avvenute dal 2007 ad oggi, ma anche caratterizzato da una reazione della comunità alla ricerca di un nuovo modello di sostenibilità, di integrazioni e di crescita”.

Le cifre parlano – e lo fanno per la prima volta dopo 28 anni – di un lieve calo demografico nell’ultimo triennio, con  un saldo 2016 pari a 533.827 unità (2.042 in meno rispetto al 2013, con un -0,3) e la flessione più rilevante nel 2014 (1.024 abitanti in meno in un solo anno).

Si è dunque arrestata la crescita in precedenza legata per il 60% agli immigrati, il cui numero, negli stessi tre anni, è sceso di 6.000 unità, e il saldo resta negativo nonostante siano state 10.600 le acquisizioni di cittadinanza da parte di persone provenienti da altri territori.

Luci ed ombre si intrecciano, poi, sul versante economico, a partire dalla questione occupazionale. “Il primo dato significativo – spiega Mazzoli – è l’aumento del tasso di occupazione (+0,5%) che si è registrato nel 2015, associato ad un calo ancor più consistente del tasso di disoccupazione, che è sceso dell’1,3% ed ha portato il dato complessivo al 5,3%”. “Un valore – spiega Mazzoli – che risulta essere il più basso in Emilia-Romagna (ferma al 7,7%) e di gran lunga inferiore a quello nazionale, attestato all’11,9%”.

Pur a fronte di questi dati positivi, resta però ancora aperto il tema delle persone – e sono 70.000 – in condizione di fragilità lavorativa. “Si tratta – sottolinea Mazzoli – di persone che per il 50% non sono disoccupate (alle liste di disoccupazione le iscrizioni ammontano a 37.000), che evidenziano i tratti di un mercato del lavoro altamente fragile, con 11.000 fruitori di ammortizzatori sociali tradizionali, 17.000 in deroga, 5.000 in contratto di solidarietà, quasi 1,5 milioni di voucher che nel 2015 hanno interessato 3.500 persone e la rinuncia alla ricerca di un lavoro non solo da parte di giovani (NEET), ma anche fra le donne che vanno impegnandosi nella cura dei familiari”. Una tendenza – spiega Mazzoli – confermata anche dal calo drastico dei lavoratori domestici, scesi di 4.000 unità negli ultimi sei anni.

Decisamente meglio, al contrario, i dati che riguardano l’andamento delle imprese, dei redditi e dei consumi.

Mentre si è sostanzialmente arrestata l’“emorragia” di imprese che dal 2007 al 2014 ha determinato un saldo negativo di circa 500 unità all’anno tra cancellazioni e iscrizioni al Registro imprese della Camera di Commercio, il Pil 2015 è cresciuto dell’1,8%, le esportazioni sono salite a 9,27 miliardi (quasi un miliardo in più rispetto ai valori pre-crisi e stabilmente in crescita dal 2010), la produzione manifatturiera ha ripreso ad aumentare, il numero dei fallimenti è passato dalle 157 unità del 2014 alle 96 del 2015 e hanno cominciato a frenare le sofferenze bancarie (+250 milioni nel 2015 dopo 5 anni in cui erano triplicate).

La migliore tendenza ha sicuramente inciso anche sul reddito medio imponibile dei contribuenti reggiani, che è passato da 23.241 a 24.700 euro.

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“Scontiamo ancora sofferenze – sottolinea il presidente della Camera di Commercio, Stefano Landi – ma siamo di fronte anche ad una serie di segnali positivi che sono andati consolidandosi ulteriormente nel corso del 2016”. “Dopo il +3,2% registrato nel 2015 – spiega Landi – l’export (che incide per oltre il 60% sul Pil reggiano) è salito del 2,7% nel primo semestre di quest’anno, e la crescita dei redditi disponibili per le famiglie reggiane è stimata nel 2,8% a fine anno”.

“Il clima di fiducia delle famiglie, influenzato dal miglioramento del reddito a disposizione – prosegue Landi – dovrebbe quindi supportare una ripresa dei consumi, praticamente fermi da diversi anni, ridando ossigeno ad un commercio che ha pesantemente sofferto in questi anni e, in parte, anche all’edilizia”.

“Secondo le previsioni di Prometeia elaborate dall’Ufficio studi della Camera di Commercio – afferma il presidente dell’Ente camerale – l’occupazione crescerà del 2,2%, e al netto della cassa integrazione le unità effettivamente impiegare saliranno dell’1,6%”. “Questo andamento – seppure su ritmi più contenuti – aggiunge Landi – dovrebbe proseguire anche nel 2017, e questo significa che la crescita del Pil, stimata nell’1,2%, non prescinderà dal fattore umano; occorre allora lavorare affinché questo avvenga rimuovendo, innanzitutto, quei fattori di fragilità che evidenzia il Rapporto dell’Osservatorio economico, coesione sociale e legalità, ed è un impegno associazioni imprenditoriali e istituzioni sono ugualmente chiamate”.

“Fanno ben sperare sul piano economico la diminuzione dei fallimenti, l’aumento di imprese straniere (leggibile fra l’altro come indice di stabilizzazione e integrazione accompagnato all’aumento delle nuove cittadinanze) e il tasso di disoccupazione notevolmente inferiore alla media nazionale e anche regionale – dichiara il Sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi – Soprattutto questo ultimo dato è quello che dà un riferimento importantissimo per stimare sino a che punto stiamo davvero uscendo dagli sconvolgimenti globali che hanno attanagliato anche l’Italia sin dal 2007-2008. Che a Reggio la disoccupazione sia, e di molto, inferiore alla media nazionale è il segno che il mercato del lavoro sta finalmente riassorbendo categorie fragili, chi aveva perso il lavoro. Soprattutto sul fronte delle donne e dei giovani la situazione in Italia non è ancora a livelli accettabili: a Reggio Emilia invece le cose vanno meglio e questo è il volano attorno al quale credo si possa continuare a progredire rispetto agli anni bui della recessione. Credo inoltre sia significativo l’aumento delle nuove imprese quali start up innovative: un fronte strategico su cui il Comune e la Camera di commercio si sono impegnati, creando spazi e opportunità per un’economia in grado di innovarsi e trasformarsi”.