Ritorna la Sagra di Sant’Antonio, l’ultima coi Frati a Reggio Emilia

Lunedì 13 giugno alle 18.30 la Messa solenne sarà presieduta dal vescovo Massimo

Nei primi anni del 13° secolo, quando giocava nella sua bella casa di Lisbona, il piccolo Fernando di Buglione non immaginava certo che sarebbe diventato santo. Non lo immaginava neppure nel 1220, quando giunsero a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Attratto dall’ideale francescano, Fernando lasciò l’ordine degli Agostiniani, dove aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale, e fece la professione religiosa tra i frati Minori scegliendo il nome di Antonio. Si imbarcò per l’Africa, anelando al martirio.
Secondo un’antica versione, Antonio si ammalò appena partito da Lisbona e la nave fu sospinta da una tempesta fino a Messina, in Sicilia, dove sbarcò e fu curato dai francescani. Andò poi ad Assisi per il Capitolo generale e ascoltò Francesco.
Poi, obbedendo al ministro provinciale dell’Ordine, si trasferì a Montepaolo, presso Forlì, dove occorreva un sacerdote che celebrasse la Messa per i frati dell’eremo. Antonio visse per circa un anno e mezzo in contemplazione e penitenza, scegliendo le mansioni più umili.
Recatosi in città, dovette predicare di fronte a una vasta platea e mise in luce le sue doti oratorie. Fu lo stesso Francesco ad assegnargli il ruolo di predicatore e insegnante: incarichi che Antonio svolse in Romagna, nell’Italia settentrionale, in Francia. Aprì nuove case, visitò i conventi.
Fu a Firenze, finché fissò la sua residenza a Padova, dove scrisse i famosi “Sermoni domenicali”.
Intraprese ancora viaggi lavorando senza risparmiarsi. Ritornò a Padova sofferente di asma e di idropisia e si ritirò per riposarsi a Camposampiero, vicino a Padova, dove il conte Tiso gli fece allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce.
Qui il conte assistette alla visita che il Bambino Gesù fece ad Antonio apparendogli di notte.

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