Dalla camera oscura al libro d’artista, viaggio sperimentale sull’immagine

Sabato 14 maggio ore 19, negli ateliers di via Due Gobbi a Reggio Emilia, per Fotografia Europea 2016, raccolti e documentati in un’edizione i risultati di un’esperienza lunga due anni, tra fotografia e progettazione editoriale

“Si sarebbe fuori strada a intendere l’avventura congiunta di Pellacani e Sassi come semplice rivolta al nuovo che avanza, si tratta piuttosto di un gesto riflessivo. (…) Quindi l’immagine pensata nell’universo globale di una comunicazione indefinitamente moltiplicabile, ma come atto individuale – la parole che trionfa sulla langue – e il bricolage che indirizza la produzione di massa. Quindi il bricolage, il gioco, la sperimentazione, il fare che è immediatamente pensare l’immagine, non necessariamente primitivi ma produttivamente selvaggi aprono ad un’avventura tutta contemporanea”.

Così Paolo Barbaro nel breve testo introduttivo a “Itinerari per una città da immaginare. Percorsi sperimentali sulla fotografia e sul fare libri” (edizioni Consulta librieprogetti, ISBN 978 88 6988 00 94, 12 euro), una piccola edizione che raccoglie e documenta due anni di un progetto che riporta al grado zero della creatività, quella – di ghirriana lezione – dove non sono i mezzi quelli che contano ma il saper guardare e il cimentarsi con il saper fare. Un’esperienza rigorosamente artigianale, nella costruzione di rudimentali macchine fotografiche (il foro stenopeico, conosciuto anche come pinhole), nella sorpresa davanti all’immagine che riaffiora dagli acidi nella camera oscura, fino alla rilegatura di prototipi editoriali (li potremmo chiamare “libri d’artista”) in cui la vista ma anche il tatto contribuiscono alla riscoperta del fascino dei materiali e della loro conoscenza.

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Elisa Pellacani e Laura Sassi, autoscatto con scatole stenopeiche

 

 

Un percorso cominciato due anni fa da Laura Sassi, fotografa reggiana legata in tutta la sua traiettoria artistica al bianco e nero e allo sviluppo e stampa come parti integranti del processo fotografico, e da Elisa Pellacani, che alla progettazione grafico-editoriale affianca da anni una ricerca a tout-court sul libro come mezzo d’espressione artistica e quasi di indagine antropologica. L’idea di azzerare i mezzi per obbligarsi a un rinnovato stupore davanti all’immagine e al suo utilizzo apre al dialogo sul rapporto tra ideazione e produzione, tema caro alla Pellacani che da anni cura con l’Associazione ILDE un festival alternativo alle piattaforme delle grandi metrature dedicato al libro d’artista, che si inaugura a Barcellona in aprile ed è già stato ospitato dalla città di Reggio Emilia in autunno, ma riprende anche percorsi strenuamente difesi dalla Sassi sulla fotografia come attitudine e come relazione con se stessi prima che come risultato facilitato dalle tecnologie.

Nell’ambito della Fotografia Europea, Pellacani e Sassi hanno cominciato due anni fa sperimentando personalmente questo connubio tra la fotografia e il libro, teso al coinvolgimento di artisti e fotografi che volessero andare oltre i parametri imposti dall’appartenere ad una o all’altra disciplina in favore di una curiosità antica e quanto mai contemporanea, quella dell’immagine che dall’attinenza a un luogo o ad un fatto si tramuta in espressione liberamente poetica, suggestiva, ancella del non detto, a volte anche del casuale. Così Ilaria Arpaia, Barbara Avagliano, Elena Barchi, Annamaria Piras, Cristina Bertolani, Elena Fontanesi, Lucia Levrini e Annarita Mantovani, in una serie di incontri tra il progettuale e l’esperienza pratica, hanno costruito le loro macchine stenopeiche usando le scatole più disparate incontrate per casa e si sono cimentate nella frustrazione e a volte nella meraviglia di tornare all’arcaico principio per cui da un foro praticato su una scatola passa un fascio di luce che ripete la scena inquadrata sul lato opposto della scatola stessa, impressionando il foglio di carta sensibile posizionato in camera oscura. Ottenere una e poi più immagini tra loro conseguenti ha poi creato delle storie e quindi il “pretesto” perché si pensasse a formati e rilegature idonei per contenere fotografie che, uniche in quanto senza negativo, richiamassero interventi manuali di calligrafia, collage e quant’altro la fantasia grafica potesse suggerire.

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Cristina Bertonali, libro d’artista con foto stenopeiche (foto Laura Sassi

 

 

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Foto stenopeica, Reggio Emilia, Lucia Levrini

Il risultato è stata una piccola ma seducente mostra di originali già esposti in occasione di “Fare Libri”, il Festival del libro d’artista e della piccola edizione che nella sua edizione reggiana è stato ospitato a Palazzo Casotti l’autunno scorso, e negli spazi di via Due Gobbi, dove il gruppo si è incontrato durante mesi. Sabato, alle ore 19, con l’intervento di Paolo Barbaro e Massimo Mussini, viene ora presentato presso gli stessi spazi di via Due Gobbi l’ultimo passo dell’avventura, anello conclusivo con cui l’esperienza occhieggia in forma esplicita a un senso tutto contemporaneo dell’uso delle tecnologie, che è quello di moltiplicare, rendere fruibile e di godimento allargato quello che altrimenti rimarrebbe per pochi collezionisti: riprodotte in un piccolo ma accurato volume edito da Consulta librieprogetti, le fotografie stenopeiche e i libri d’artista che ne sono nati ripropongono un percorso che può avere valenze anche didattiche, o per lo meno ricordarci che ancora, e di nuovo, non sono i mezzi ma le idee quelle che fanno della realtà una visione d’artista. Il volume richiama fin dalla copertina una scatola con un foro, che, come fosse essa stessa una scatola stenopeica, una volta smontata e aperta ripropone al suo interno una fotografia della Piazza San Prospero, una delle prime fotografie del progetto ottenuta con una scatola da scarpe dalle due autrici.