Europa, famiglia dei popoli

“La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia. Le ceneri delle macerie non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro, che arsero nel cuore dei Padri fondatori del progetto europeo. Essi gettarono le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi. L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente sé stessa e iniziò a edificare la sua casa”. Così ha esordito venerdì 6 maggio Papa Francesco nella Sala Regia in Vaticano in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno.

Ha poi aggiunto che questa «famiglia di popoli», lodevolmente diventata nel frattempo più ampia, in tempi recenti sembra sentire meno proprie le mura della casa comune, talvolta innalzate scostandosi dall’illuminato progetto architettato dai Padri. Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti; “noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire recinti particolari. Tuttavia, sono convinto che la rassegnazione e la stanchezza non appartengono all’anima dell’Europa e che anche le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità”.

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Il Papa ha poi precisato “Nel Parlamento europeo mi sono permesso di parlare di Europa nonna. Dicevo agli eurodeputati che da diverse parti cresceva l’impressione generale di un’Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice. Un’Europa tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione; un’Europa che si va trincerando invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società; dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali nella ricerca di nuove soluzioni ai problemi attuali, che portino frutto in importanti avvenimenti storici; un’Europa che lungi dal proteggere spazi si renda madre generatrice di processi”.

Ecco la domanda di fondo con cui Francesco ha interpellato il nostro continente: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.

Fare memoria significa non solo evitare di commettere gli stessi errori del passato, avere accesso a quelle acquisizioni che hanno aiutato i popoli ad attraversare positivamente gli incroci storici che andavano incontrando”.

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A tal fine il Santo Padre ha ritenuto necessario evocare i Padri fondatori dell’Europa, che seppero cercare strade alternative, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra ed ebbero l’audacia non solo di sognare l’idea di Europa, ma di osare di trasformare radicalmente i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione. E ha fatto i nomi di Robert Schuman e Alcide De Gasperi,cattolici, “tutti egualmente animati dalla preoccupazione del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa: ricominciare, senza paura un lavoro costruttivo che esige tutti i nostri sforzi di paziente e lunga cooperazione”.

Tre le parole d’ordine lanciate da Francesco: capacità di integrare, capacità di dialogo, capacità di generare.

E poi un appello: “Dobbiamo passare da un’economia liquida, che tende a favorire la corruzione come mezzo per ottenere profitti, a un’economia sociale”; prioritario è l’obiettivo dell’accesso al lavoro. La giusta distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è mera filantropia. E’ un dovere morale!”. Ciò richiede allora la ricerca di nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, non orientati al servizio di pochi, ma al beneficio della gente e della società.

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