Trascrizione nozze gay: parla Tarquini dell’UGCI

Intendo soffermarmi nella veste di Presidente della Sezione di Reggio Emilia dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani sulla notizia giornalistica relativa all’avvenuta trascrizione nei Registri dello Stato Civile del Comune di Reggio Emilia di un matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero.

Si è letto su qualche quotidiano che il Sindaco di Reggio Emilia avrebbe commentato il fatto, affermando che si tratterebbe di una modalità meramente ricognitiva di provvedimenti stranieri. Ebbene occorre allora ricordare che la trascrizione del matrimonio celebrato all’estero nei registri dello stato civile presso il Comune competente è tutt’altro che un semplice atto ricognitivo, ma senz’altro un atto costitutivo, produttivo cioè di effetti giuridici che consente di dare  valore  in Italia ( art.12, comma 11, DPR n. 396/2000) all’atto trascritto. Ma va da sé che la trascrizione in Italia del matrimonio celebrato all’estero non è consentita ove lo stesso sia contrario all’ordine pubblico. Ed infatti l’art. 18 del D.P.R. n. 396/2000, relativo all’Ordinamento, titolato “casi di intrascrivibilità”, prevede  che gli atti formati all’estero non possono essere trascritti in Italia se sono contrari all’ordine pubblico.

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Giancarlo Tarquini

 

Né è vero, come si è erroneamente  ritenuto da alcuni commentatori, che la Corte di Cassazione abbia escluso profili di contrarietà all’ordine pubblico nella decisione di trascrivere nei registri di stato civile dei Comuni italiani  matrimoni tra persone dello stesso sesso, vietati in Italia, in quanto non previsti, contratti all’estero. L’equivoco, cui accennano taluni commentatori,  è derivato dal caso verificatosi  a Grosseto, quando il  Tribunale di quella città con sentenza del 9 aprile 2014 decise  di accogliere il ricorso di una coppia omosessuale composta da un giornalista e un architetto i quali, dopo essersi uniti in matrimonio a New York nel 2012, avevano chiesto la trascrizione dell’atto nei registri dello stato civile del comune di residenza. L’Ufficiale di stato civile aveva negato loro la trascrizione sostenendo che nel nostro ordinamento non è previsto il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, poiché in contrasto con l’ordine pubblico.

I coniugi ricorsero al Tribunale ai sensi dell’art. 95 del DPR 3 Novembre 2000 n. 396 sull’Ordinamento dello stato civile, per opporsi al rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di eseguire la trascrizione. Nel corso del giudizio anche l’intervento del P.M. fu contrario  alle istanze dei ricorrenti, basandosi sulla circostanza di fatto secondo cui in Italia non esiste una legge che attribuisca effetti giuridici al matrimonio celebrato tra persone dello stesso sesso e, pertanto, la trascrizione di unioni omosessuali non era consentita.

Per sostenere la tesi però il Tribunale citava un precedente illustre della Suprema Corte, la sentenza 15 marzo 2012 n. 4184, benché il caso deciso dalla Cassazione riguardasse  una coppia omosessuale di Latina che consacrò l’unione in Olanda e tentò di far trascrivere il matrimonio in Italia. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respinsero l’istanza, ribadendo la contrarietà all’ordine pubblico italiano del matrimonio tra persone dello stesso sesso. In quell’occasione però la Cassazione si distaccò dal precedente criterio cosiddetto dell’”inesistenza” dell’atto di matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso e, pur giungendo alla medesima soluzione della non trascrivibilità  dell’atto per “inidoneità a produrre effetti giuridici” nell’ordinamento italiano in quanto contrario all’ordine pubblico, riconosceva che anche i componenti di una coppia omosessuale stabilmente convivente sono considerati titolari del “diritto a una vita familiare” e del “diritto di vivere liberamente una condizione di coppia” in quanto formazione sociale ex art. 2 della Costituzione.

Per questo motivo, anche se secondo la legislazione italiana la coppia omosessuale non può far valere il diritto a contrarre matrimonio e, quindi, neanche il diritto a trascrivere il matrimonio contratto all’estero, tuttavia, in presenza di “specifiche situazioni”, i componenti della coppia hanno diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia eterosessuale coniugata. Secondo i giudici del Tribunale di Grosseto, quella sentenza della Cassazione conteneva, anche se non esplicitamente, un giudizio sulla non contrarietà all’ordine pubblico del matrimonio omosessuale, pur non negando che formalmente sussistesse la contrarietà all’ordine pubblico. La Cassazione aveva, infatti, riconosciuto come valido il principio espresso nella sentenza del 24 giugno 2010 della Corte Europea dei diritti dell’uomo, con la quale fu stabilito che il diritto al matrimonio, di cui all’art. 12 della Convenzione, non deve essere limitato ai casi di matrimonio tra persone di sesso opposto, ma deve avere un nuovo e più ampio contenuto, che include il matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso. La disposizione deve essere letta in correlazione anche con l’art. 14 della Convenzione che vieta ogni discriminazione nell’attribuzione e nel godimento dei diritti dell’uomo individuati nella Convenzione.

In sostanza ciò che non era negato, neppure veniva positivamente affermato, ma rimaneva fermo il principio di contrarietà all’ordine pubblico, con una semplice apertura di natura solo implicitamente propositiva verso un indeterminato futuro.

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Anche la Corte Costituzionale, con la sentenza 15 aprile 2010 n.138, solo qualche mese prima, si era espressa sulla questione di legittimità costituzionale delle norme poste a fondamento del rifiuto dell’ufficiale di stato civile di procedere alle pubblicazioni del matrimonio di due persone dello stesso sesso, e nella parte in cui non consentono a persone di orientamento omosessuale di contrarre matrimonio, ma, pur negando l’esistenza di una norma costituzionale che riconoscesse il diritto al matrimonio di persone dello stesso sesso, la sentenza della Consulta affermava che nel concetto di “formazioni sociali” di cui all’art. 2 della Costituzione  fosse inclusa l’unione omosessuale, ma rimandava al legislatore, argomentando che il riconoscimento e la garanzia di tale diritto, era da ricondurre ad un’esclusiva scelta del Parlamento. Proseguendo su tale solco i giudici di Grosseto, esaminavano  testualmente gli artt. da 84 a 88 del codice civile, non trovandovi  alcun riferimento al sesso delle persone quale condizioni necessaria per contrarre matrimonio, ma in questo punto la sentenza del Tribunale toscano compiva  una forzatura.

Infatti, al contrario, la diversità di sesso è considerata requisito minimo indispensabile per l’esistenza del matrimonio civile da diverse pronunce di legittimità. Si tratta, inoltre di un principio implicito posto a fondamento dell’istituto matrimoniale, come emerge da diverse disposizioni quali, ad esempio, l’art. 107 c.c., che parla di marito e moglie (“ l’Ufficiale di stato civile….riceve da ciascuna delle parti la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie”) , o l’art. 5 della legge sul divorzio, e ancora, l’art. 9 legge n. 74 del 1987( “ La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio, quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.”), là dove  il legislatore nel riferirsi ai termini “moglie e marito” fa chiaramente riferimento ad una parte femminile e una parte maschile del rapporto. 

Oltre a questo, il Tribunale di Grosseto riteneva  incontestato che il matrimonio celebrato a New York fosse  valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo della celebrazione, e che esso sia produttivo di effetti giuridici nell’ordinamento dello Stato dove è stato celebrato.

Non essendo violata nessuna delle disposizioni di legge sopra richiamate, che impedisca la trascrizione di un atto di matrimonio celebrato all’estero secondo le forme previste dalla legge straniera e che, quindi, spieghi effetti civili nell’ordinamento dello Stato dove è stato celebrato, e non avendo questa trascrizione natura costitutiva ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé, i giudici ordinavano all’Ufficiale dello stato civile di procedere alla trascrizione. In questo senso la trascrizione, non influiva secondo il Tribunale  direttamente sullo status dei due soggetti, ma sarebbe stato  importante per dimostrare, come per tutte le coppie di fatto, la stabilità o la durata dell’unione.

Ma chiaramente  qui la sentenza di Grosseto esonda dagli argini del nostro diritto positivo.

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Per concludere,  come si vede dunque la legge, né quella ordinaria né quella costituzionale, e così pure né la giurisprudenza di merito né quella di legittimità nel nostro paese hanno mai consacrato la possibilità di dare riconoscimento di valore giuridico in Italia alla trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero all’interno di legislazioni che lo permettevano.

Se qualcuno lo ha affermato, ciò  è dipeso o da errori  di valutazione o dall’avere voluto dare credito a letture  d’avanguardia delle sentenze intervenute nel tempo o delle norme compulsabili. Tutto questo si è mosso contro il diritto positivo vigente ed è estremamente doveroso farlo notare. Non esiste alcuna sentenza della Corte di Cassazione che abbia dichiarato non contraria all’ordine pubblico la trascrizione in Italia di matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero. Non esiste nessuna sentenza della Corte costituzionale che pure si sia pronunciata in tal senso.

Non è vero che la legge italiana non richieda che i coniugi siano di sesso opposto, in quanto invece ciò discende dall’art. 29 della costituzione, secondo cui il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, da leggersi in coordinamento stretto e conseguenziale con l’art. 30 della Costituzione, secondo cui è dovere e diritto dei genitori mantenere,  istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, quando è pacifico che, se è vero, come è vero, che oltre i figli nati fuori del matrimonio, sono contemplati anche i figli nati nel matrimonio, questi ultimi nella mente del legislatore costituzionale non possono essere altro che i figli nati da una donna, la moglie, e da un uomo, il marito.

E del pari non esiste nel nostro ordinamento giuridico alcuna norma che parli di matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre si è visto più sopra che esistono norme chiaramente esplicative che i soggetti del matrimonio sono una moglie e un marito, dando come pacifico che la moglie è una donna e il marito è un uomo.

Appare pertanto di tutta evidenza che la trascrizione nei registri dello stato civile  dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso non solo non assume alcuna rilevanza all’interno dell’ordinamento giuridico italiano, ma neppure può legittimamente assumere significato anche soltanto ricognitivo, mentre è certamente in contrasto con l’ordine pubblico, trattandosi di normativa, quella inerente alla materia matrimoniale, certamente di dignità ordinamentale.

Tali conclusioni sono ampiamente compatibili ed anzi conseguenziali rispetto alle pronunce dei Tribunali Amministrativi finora intervenute, che hanno costantemente deciso di non avere giurisdizione sulle trascrizioni dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero nei registri dello stato civile, rientranti invece nella competenza esclusiva dei Tribunali Ordinari (quindi di un tribunale civile) e non del ministro dell’Interno o del prefetto, così come avvenuto recentemente  a Roma. Il tribunale amministrativo  ha infatti dichiarato nullo per incompetenza per materia il provvedimento con il quale il prefetto di Roma, il 31 ottobre scorso, su indicazione del ministero dell’Interno aveva annullato le trascrizioni eseguite dal sindaco di Roma sui  registri dello stato civile dell’anagrafe di Roma, ma non si ha notizia di iniziative successive e conseguenziali prese dalla Procura e dal Tribunale di Roma.

Giancarlo Tarquini

Presidente della Sezione di RE dell’UGCI