Solo una scuola libera può essere una ‘Buona Scuola’

Quarantaquattro deputati della maggioranza, tra cui la reggiana Vanna Iori, hanno inviato al presidente Matteo Renzi una lettera sul tema della scuola paritaria. Ne pubblichiamo alcuni stralci. Il testo integrale della lettera è stato pubblicato su Avvenire di domenica 1° Marzo 2015.

Il Consiglio dei Ministri sta per approvare il Piano per la “Buona Scuola”. Si tratta del più importante tentativo di riformare globalmente la scuola italiana. Proprio per questo, non può essere perduta un’occasione irripetibile per superare lo storico gap in tema di pluralismo e libertà di educazione.

La scuola paritaria accoglie ancora oltre un milione di alunni, soprattutto nella scuola dell’infanzia e della scuola primaria. Tale sistema costa allo stato solo 470 milioni di euro/anno, pari a circa 450 euro/anno/alunno. Tutto il resto è sostenuto dalle famiglie a dal lavoro volontario delle comunità. È evidente il risparmio che ne deriva per la finanza pubblica, tenuto conto che il costo standard dello studente è stato calcolato dal MIUR in circa 6.000 euro/anno, senza considerarei costi dell’edilizia scolastica.

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Ai problemi riguardanti l’esercizio dei principi di libertà e di sussidiarietà costituzionalmente garantiti, all’urgenza di superare inaccettabili discriminazioni, alla necessità di non rimanere tagliati fuori dall’Europa, si aggiunge il fatto che spesso, nelle realtà rurali e particolarmente nelle zone montane, la scuola paritaria costituisce spesso l’unica offerta formativa presente nel territorio.

Sono passati già 15 anni da quando l’allora ministro Luigi Berlinguer fece approvare la legge che riconosce in Italia un unico sistema nazionale dell’istruzione pubblica, composto dalle scuole statali e da quelle paritarie. La conseguenza di tale ritardo è stata la lenta asfissia della scuola pubblica non statale, che sempre più spesso, e soprattutto in questi tempi di crisi economica, si è vista costretta alla chiusura forzata di numerose scuole storiche istituite dalle stesse comunità locali, per la insostenibilità della gestione. Le scuole che scelgono di resistere sono costrette ad adattarsi alla prospettiva di ulteriore aumento delle rette, avviandosi in una sorta di circolo vizioso che se non ne determina ancora la chiusura, impedisce loro,ancor maggiormente, di essere ciò che vorrebbero: non scuole per ricchi, ma scuole a servizio della comunità.

Assistere inerti alla morte lenta della scuola pubblica non statale proprio mentre la scuola italiana va incontro alla rivoluzione della “Buona Scuola” significherebbe rinunciare non solo al suo valore aggiunto di libertà e di sussidiarietà, ma anche alla sua capacità di stimolare una positiva competizione, utile per innestare nella scuola statale elementi di innovazione, di sperimentazione e di economicità di gestione.

Significherebbe anche ribaltare sulla finanza pubblica gli oneri derivanti dal riversarsi degli alunni nel circuito statale a causa della chiusura delle scuole paritarie, riducendo le risorse per le stesse scuole statali.

In tale prospettiva, rispetto alle scuole paritarie, uno Stato moderno dovrebbe saper trasformarsi da gestore in controllore e garante della qualità formativa di tutta l’offerta pubblica.

Occorre che l’occasione offerta dal piano per la Buona Scuola non venga persa, affermando un criterio e dandone almeno un segno concreto di avvio di applicazione da implementare progressivamente in futuro”.

I sottoscrittori della lettera evidenziano che si tratta semplicemente di ottemperare a quanto previsto già dalla Risoluzione del Parlamento Europeo approvata a Bruxelles il 14.3.84 e ribadito recente Risoluzione n. 1904 del 4.10.12: il diritto alla libertà d’insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti.

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