Felina ha ricordato il centenario della nascita di don Artemio Zanni

Da sinistra: Giuseppe Giovanelli, don Romano Zanni, il sindaco Enrico Bini, l’arcivescovo Paolo Rabitti (foto di G. A. Rossi).
Da sinistra: Giuseppe Giovanelli, don Romano Zanni, il sindaco Enrico Bini, l’arcivescovo Paolo Rabitti (foto di G. A. Rossi).

“Una meraviglia d’uomo, un parroco consumato per la sua parrocchia; amorevole come una mamma; un padre premuroso per tanti bimbi”. Così mons. Paolo Rabitti, vescovo emerito di Ferrara-Comacchio, ha delineato la figura di don Artemio Zanni, di cui domenica 10 agosto Felina ha commemorato il centenario della nascita.

La chiesa parrocchiale era gremita di fedeli; accanto all’altare era il gonfalone del Comune. Tra i concelebranti il parroco don Pietro Romagnani e don Romano Zanni, superiore generale delle Case della Carità, che hanno posto l’accento sulla ricchezza del sacerdozio di don Artemio.

Più volte nell’omelia della solenne concelebrazione l’arcivescovo Paolo ha citato un altro grande felinese, il cardinale Sergio Pignedoli che affermò: “La vita sacerdotale di don Zanni è stata segnata da larghezza ecumenica, splendente”. Laboriosità, creatività, intuizioni profetiche, temperamento vulcanico, un sorriso che sapeva superare avversioni e nel contempo creare solidi rapporti di amicizia; ansia missionaria: queste altre peculiarità di don Artemio, contraddistinto da un fisico robusto, massiccio, ma capace di gesti di grande tenerezza.

Dall’8 dicembre 1945 al 23 gennaio 1990 Felina è stato il campo della generosa azione pastorale; qui ha fondato “Casa Nostra”, provvidenziale istituzione per tanti bambini e segno del suo grande cuore, della sua tenerezza e della preoccupazione per i più piccoli e poveri.

Al termine della liturgia i tanti fedeli assieme alle autorità e ai celebranti si sono recati in corteo al cimitero, dove il sindaco Enrico Bini ha deposto una corona sulla tomba del sacerdote.

Nel pomeriggio ha avuto luogo la presentazione della biografia di don Artemio Zanni “un prete senza confini”, scritta dal prof. Giuseppe Giovanelli, che da bambino è stato ospite di “Casa Nostra”. Il volume di 270 pagine, edito dalla Fondazione “Don Artemio Zanni” e stampato dalla Nuova Tipolito di Felina, è arricchito da un interessante corredo iconografico.

L’autore ripercorre puntualmente, attraverso una solida documentazione, l’intensa vita sacerdotale di don Artemio Zanni, contestualizzandola nel coevo clima polito, cultura ed ecclesiale. Valverde di Castellazzo, i seminari di Marola e Albinea, Pola e poi la Germania dove fu accanto ai suoi soldati come cappellano militare nei campi di prigionia e infine Felina, ma anche cinque viaggi missionari in India e Africa: questi i luoghi in cui don Artemio è nato, ha vissuto, si è formato al presbiterato sotto la guida di saggi sacerdoti e ha esercitato il suo ministero.

Ben sette capitoli sono dedicati ai quasi nove lustri felinesi, alla gestione della parrocchia dove entra dopo la tragica uccisione di don Giuseppe Iemmi da parte di partigiani comunisti; l’autore ripercorre le fondazione e le vicende di “Casa Nostra”, di cui enuclea le peculiarità del metodo educativo. Ma opportunamente Giovanelli si diffonde anche sulla famiglia di origine di don Artemio: in particolare, la mamma Virginia prematuramente scomparsa, il papà Marco e il fratello Leone, missionario.

Un libro veramente interessante e meritorio quello scritto dal prof. Giovanelli – co-responsabile del Centro Diocesano Studi Storici di Marola -, che descrive e restituisce a tutto tondo una figura prestigiosa del clero reggiano del sec. XX; un’opera che mons. Rabitti – componente della congregazione per vescovi – ha promesso, durante la celebrazione euristica, di consegnare personalmente a Papa Francesco, avanzando nel contempo con il sorriso la larvata minaccia della scomunica per chi non lo leggerà!

Il volume è aperto dalla premessa dell’arcivescovo Paolo, che ebbe per qualche tempo don Artemio come parroco, ed è concluso dalla pubblicazione integrale in appendice della magistrale omelia funebre pronunciata dal vescovo Gilberto Baroni, che così ne definì la vita: “ha amato, ha trasformato tutto il suo tempo, le sue energie in amore sincero e in servizio agli altri, ai bisognosi, senza limitazioni e riserve”.

Giuseppe Adriano Rossi



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