Grazie “Nico”, filosofo della vita e campione di determinazione

– da “La Libertà” n. 7, del 22 febbraio 2014 –

Martedì 12 febbraio, a soli 20 anni d’età, è morto Niccolò Marzocchi, originario di Castelnovo di Sotto. Per 14 anni ha lottato con la leucemia. Le esequie si sono svolte venerdì 14 febbraio, nella chiesa parrocchiale di Castelnovo Sotto, presiedute dall’amico don Guerrino Franzoni. Centinaia di persone – in particolar modo giovani – hanno voluto salutarlo per l’ultima volta e rendergli un grato omaggio.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]”L[/dropcap]a morte di Nico è per la gloria di Dio”: questa una delle frasi pronunciate da don Guerrino Franzoni alla funzione di saluto riconoscente – Liturgia della Parola – che la Comunità di Castelnovo Sotto ed i tanti amici reggiani hanno dedicato venerdì 14 febbraio alla memoria di Niccolò Marzocchi, nella chiesa parrocchiale del paese.
“Un grazie alla vita, che a volte è come un vaso di creta che si può rompere”. Così ha esordito il sacerdote celebrante, perché così è stato per Niccolò, vent’anni, che ha lottato dall’età di sette anni con la malattia che lo aveva aggredito in così tenera età e che ormai sembrava debellata.
“Ma esiste un vasaio che sa aggiustare i vasi: è quello che usa l’amore che uno porta dentro di sé, perché ce l’ha per dono o per ricchezza donatagli dalla famiglia. A Niccolò è stata tolta l’infanzia, l’adolescenza, ma è stata donata l’intelligenza del cuore: dava valore a tutto, soprattutto alle relazioni umane, e non voleva far soffrire chi gli stava intorno.”
“Ecco l’uomo che conosce il soffrire si può dire anche di lui”, ha affermato il sacerdote, “che è stato vinto dalla malattia, ma non perso dalla stessa, in quanto la morte è già stata sconfitta dal Signore”.

Un cero pasquale, simbolo di Vittoria, era deposto a fianco della bara bianca e dei bianchi fiori che la circondavano e ricoprivano. Una grossa margherita colorata tra i capelli o all’occhiello delle giacche dei compagni e delle compagne del coro, che ha aperto e chiuso il giro delle numerosissime testimonianze. Il sorriso era sua espressione tipica, e lo è anche della sua famiglia, ma quando Niccolò non riusciva più a sorridere, piegato dalla malattia, e non aveva più la forza di pregare, una volta chiese al sacerdote se c’era un posto dove venivano raccolte le sofferenze degli uomini.
La risposta fu che c’è un Libro della Vita dove vengono raccolti gli atti d’amore e le sofferenze degli uomini ed in questo libro nulla va perduto, come recita anche un salmo.
Niccolò era filosofo, dice la madre, un osso duro nella ricerca della Verità, ma “ogni uomo che cerca la verità cerca Dio, che raccoglie uno sterminato patrimonio di lutti e lacrime e le trasforma in Bene”, ha precisato il sacerdote. “Se essere insegnante significa lasciare un segno, poi, Nico è stato insegnante”, ha continuato.

Dopo un percorso di studi che lo ha portato alla maturità classica (conseguita lo scorso anno al Liceo “Ariosto-Spallanzani” di Reggio Emilia), si era iscritto alla facoltà di Filosofia a Parma ed aveva già sostenuto a novembre il primo esame con successo.
Il suo modo di affrontare la malattia e la sofferenza è stato quello di lasciare aperte le porte a Dio. è così che il sacerdote ha invitato i genitori a leggere con gli occhi della fede la sua partenza, affermando: “Dio, ce lo stai dando definitivamente”.
Diceva infatti Niccolò che la sua famiglia era un quadrato, che non sarebbe mai diventato un triangolo, ma al limite un quadrato con un lato aperto verso l’infinito…
“Grazie dunque a Nico ed al Signore che ce lo ha donato”, ha concluso il sacerdote.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]S[/dropcap]ono seguite testimonianze provenienti dal profondo del cuore di compagni di scuola, di amici e di insegnanti, che hanno via via seguito il suo difficile percorso, precedute e concluse dalla parola: grazie!

La famiglia, poi, è stata da molti descritta come esempio meraviglioso per accoglienza, nella condivisione, di tutti, come figli o fratelli.
“La sua casa era fondata sulla roccia” ed in molte testimonianze raccontate traspariva l’ammirazione per la fortezza di Niccolò, cui i genitori stessi e la sorella hanno attinto… per la voglia di fare cose, di viaggiare… “Egli stesso portava la voglia di vivere per raggiungere le sue vette…”, ha precisato un amico.
La tenacia di un figlio deciso ed ironico che ha trasmesso la sua forza, che ora è divenuta quella degli altri… “Coraggio e tenacia nell’aiutare a fare i compiti nel Centro pomeridiano”, affiancando madre e sorella, ha ricordato una docente delle scuole medie, ma anche portavoce ai banchetti Avis, organizzazione che vede partecipi sia la madre Bruna (che gli aveva donato anche il midollo) che la sorella Maddalena. Anche il padre Alessandro ha alle spalle una vita di volontariato.
Niccolò ha saputo essere debole e forte… “E quando sono debole è allora che sono più forte…”. Scriveva testi filosofici e belli, trovava la felicità senza cercarla.
Feuertrunken: “Ubriaco del fuoco, della vita e della gioia che riusciva a trasmettere”. Amico, concittadino, studente, non malato… – ecco come tutti lo ricordano. “Si interessava di ogni ombra e di ogni colore in un mondo che corre… Era infinitamente buono”.
“Il bianco era il colore che gli si addiceva” ed anche nei momenti di stanchezza, in cui si sentiva perso, affermava che la luce esiste. Questo il senso di alcune testimonianze toccanti.

Nicolò Marzocchi
Niccolò (“Nico”) Marzocchi

Era genuino, onesto e sincero e mai si è rifugiato in un mondo alternativo. Ha combattuto la sua guerra con il sorriso per le persone che amava e non avrebbe mai voluto vedere nessuno piangere. Alle scuole elementari, dalle piccole conquiste, ha imparato a cercare sempre il meglio, ha avuto la forza di alleggerire la vita. Appassionato di musica, cantante straordinario con una voce potente, tenore brillante, con una splendida carica di umanità – ha riferito una sua docente- si esibiva nel gruppo, in coppia, con il coro “Voci Insieme di Gattatico”. Campione nella determinazione, con una grande ricchezza interiore, dichiarava di avere più motivi per vivere che per morire: “Finché c’è qualcuno o qualcosa per cui valga la pena di vivere, vivrò!”. Ed una volta scrisse in greco sulla lavagna di classe. “Dalla Sofferenza la Sapienza, più grande di ogni Conoscenza”. Il dolore infatti è una forma di conoscenza: ti fa apprezzare ogni piccola cosa.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]D[/dropcap]alla vita Niccolò ha colto i frutti più gustosi e ci ha dato la lezione che la vita vince sempre la morte quando diventa dono per gli altri. Il suo poema di amore non si è consumato nella sofferenza. “Saremo più forti come tu ci hai insegnato”, hanno concluso i giovani; “Sei come l’acqua che scava dentro fiumi immensi…”. “Non osiamo dimenticarlo mai e impariamo da lui”, ha concluso una ragazza. Grazie, Signore, che ai piccoli hai rivelato i segreti del Tuo regno. Grazie Niccolò!

Maria Alberta Ferrari

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