Imparare a fidarsi, donare un sorriso con gratuità: non sono “pagliacciate”. Laboratorio di clownerie, l’esperienza entusiasmante di una scuola primaria

– da “La Libertà” n. 12, del 30 marzo 2013 –

“Il suono più bello del mondo è un bambino che ride”, afferma David Larible, considerato uno tra i più grandi clown del mondo…

Per incoraggiamento premetto che sono una insegnante, (e «prevalente») nella scuola primaria, che spesso ha tempi tirati, programmazioni da completare, problemi inaspettati ogni giorno, decisioni immediate da prendere e tanti impegni burocratici che sembrano non finire mai, ma che ha anche la passione per i bambini, che sono e devono essere il centro del nostro interesse e del nostro lavoro.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]N[/dropcap]ella mia classe seconda, parallela ad altre tre, le mie colleghe ed io abbiamo messo in atto in questi giorni un breve laboratorio di clownerie in classe (e poi a teatro), con l’aiuto competente di due esperti clown ‘nostri’, reggiani: Gianmarco e Stefano.
L’idea mi è venuta l’estate scorsa… Sarà stato il caldo, o il desiderio di voler proporre un’esperienza già vissuta con un’altra classe nella mia scuola precedente? No, credo abbia prevalso la voglia di stimolare i bambini a utilizzare e a saper decodificare altri linguaggi, diversi dai modelli televisivi, dal computer – ma anche dalle dinamiche dello sport -, di far emergere ciò che hanno di potenziale inutilizzato, ricchezza per tutti. Dopo una sommaria preparazione, per non indirizzarli troppo o condizionarli, si sono trovati… un clown in classe.

Laboratorio di 'clownerie' in classe

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]I[/dropcap]o preferisco sempre il termine clown, anche se lo so che la parola italiana è pagliaccio, ma clown mi dà l’immagine di un’arte più complessa, più aperta al coinvolgimento di chi assiste allo spettacolo, “più fine” in certi suggerimenti e più sbilanciata verso il voler mettere in risalto le doti di tutti (dei bambini, in questo caso).
Parlo della mia classe ora, sapendo che è andata più o meno così anche nelle altre, anche dove è andato Stefano: banchi spostati verso i muri, alunni seduti, composti e in attesa nei primi 5 minuti, stupiti e sorridenti al decimo minuto… coinvolti all’undicesimo minuto, anche per la simpatia immediata e la bravura di Gianmarco: lui era con noi!
Ed era lì per noi, tutto intero, e non è poco: i bambini si accorgono subito se stai pensando ad altro e se non sei lì con loro davvero, mente e cuore. Io scattavo alcune foto, praticamente tutte mosse, vista la mia abilità di fotografa, e osservavo l’attività con attenzione, soprattutto i visi dei bambini. Non è certo la normalità per noi fare lezione così, eppure era una lezione.
Di cosa? Ci si può chiedere. Di ascolto, primo. Di saper osservare, secondo. Di rispetto, terzo. E poi di spontaneità e fantasia, di fiducia, di scoperta del proprio corpo, dell’utilizzo del linguaggio mimico-gestuale, dell’espressività del volto, dei propri doni… del sapere regalare anche agli altri la gioia di sorridere, di partecipare, uscendo da se stessi.
Ti fidi di me? – chiede Gianmarco al bambino “pescato” a caso per un’attività: “un po’…”, risponde sinceramente il piccolo.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]A[/dropcap]bbiamo riso tutti, ma aveva ragione. Solo dopo aver provato almeno 3 volte l’esercizio in cui doveva davvero fidarsi dell’altro, si è fidato e si è lasciato andare ed ha partecipato entusiasta, coinvolgendo gli altri compagni. La fiducia si conquista, si dà a chi la merita: lezione di vita. Continuavo a guardare, in particolare, qualche bambino così in difficoltà in alcune materie, e lì, invece, sciolto e sereno… e anche con del talento! Piccoli clown in erba che assecondavano con naturalezza le direttive di Gianmarco, che pur ridendo, ubbidivano a tutti i suoi gesti, alle sue richieste, velocissimi nel comprendere i comandi, nell’esecuzione, perfino nel dividersi in coppie per alcuni esercizi o in alcune gag che si svolgono, appunto, in due.

A volte noi ci mettiamo dei quarti d’ora – se va bene – per farli dividere in gruppi, o per far loro comprendere una consegna… Ma che è? – mi sono chiesta. Un nasino rosso e un cappello, un po’ di musica… sanno fare tutto questo? Credo ci vogliano tanta passione per l’altro e tanto amore.

Laboratorio di 'clownerie' a scuola

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]N[/dropcap]el frattempo proseguivo sia nella mia riflessione che nella mia osservazione: i movimenti, la centralità della persona rispetto agli strumenti utilizzati, essenziali, non complicati, la spontaneità che avanzava con creatività sempre più evidente nei minuti successivi… Dopo mezz’ora la diffidenza era vinta totalmente, e tutti volevano essere protagonisti di ogni attività proposta sia per il gusto proprio, ma anche per far piacere agli altri.
Gianmarco spiegava che bisogna sapere guardare bene l’altro, seguire i tempi dell’altro, stare al suo gioco… esattamente il contrario della mentalità competitiva di cui siamo circondati.
Lezione di vita. Da piccoli si diventa grandi, meglio se non autocentrati.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]N[/dropcap]ello spettacolo interattivo, poi, eravamo tutti assieme nell’auditorium del nostro Istituto. Anche le insegnanti sono state coinvolte, e sono diventate un po’ bambine, con semplicità (e chissà se anche con un po’ di nostalgia…). Oggi “le ali non sono di rigore”, si sta solo assieme ai bambini per imparare con loro, per captare ogni particolare, ogni gesto, ogni positività nella loro capacità di partecipazione attiva allo spettacolo. E sono chiamati di continuo, da Stefano e da Gianmarco, a ‘fare lo spettacolo’, a indovinare ciò che è solo mimato e non parlato, a ridere di gusto per i fraintendimenti, ad alzarsi per suonare strumenti che nemmeno conoscono, mimare loro personaggi di fiabe e opere liriche, additare, suggerire ai clown strategie per loro evidenti… per finire tutti sul palco, sotto il tendone variopinto, pentolone della fantasia (così è stato chiamato dai nostri amici-animatori), sostenuto dalle insegnanti anche loro sul palco.
I bambini non hanno dubitato un attimo di dover essere quelli che avrebbero dovuto andare nel “pentolone della fantasia”. Nessuno li ha invitati espressamente, ma appena il telone è stato riempito di palloncini e coriandoli… loro si sono tutti riversati automaticamente sotto, come a dire: senza di noi, non ci sarebbero fantasia, spontaneità e tante risate colorate!

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]L[/dropcap]a mia riflessione è solo questa proposta, sulla disarmante freschezza di interventi come questi, a misura di bambino, sulle nostre classi, senza nulla togliere alle materie scolastiche per eccellenza, anzi queste ne escono arricchite; in più credo fermamente che abbiamo la responsabilità – anche se spesso non riconosciuta da altri – di far aumentare nei nostri alunni la capacità di ascoltare e di ascoltarsi (quasi quasi ce ne dimentichiamo, dei sentimenti che si provano, dimentichiamo di leggerli, di dominarli, di valorizzarli, di discernerli). La semplicità gioiosa, la spontaneità “ordinata” (sembra un controsenso ma non lo è), il gusto della bellezza nell’essenzialità, il voler bene all’altro perché esiste, e la gratitudine per tutto ciò che hanno e per chi si occupa di loro con serenità ogni giorno nonostante le difficoltà.

Laboratorio di 'clownerie' in classe

Quanti valori… Non basterà, forse, il nasino rosso di un clown… ma non sarà una scintilla buona, se ha suscitato tutto questo? Grazie a Gianmarco e a Stefano che hanno condiviso il percorso iniziato con noi, percorso che speriamo di continuare.

Fabiana Guerra o.v.
insegnante – scuola primaria
di Cadelbosco Sopra

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