Credere nel matrimonio, che provocazione – Verso la veglia di S. Valentino

– da “La Libertà” n. 5, del 9 febbraio 2013 –

Editoriale. In prossimità di San Valentino, la festa degli innamorati, la veglia diocesana delle coppie che si preparano al matrimonio sta diventando una lieta tradizione. L’appuntamento, promosso dall’Ufficio di Pastorale Familiare insieme all’Azione Cattolica, è per lunedì 18 febbraio alle 21 in Cattedrale, alla presenza del Vescovo. Sono invitati non solo i nostri “fidanzati” – termine in vari casi quasi anacronistico, di fronte al moltiplicarsi delle convivenze e a nubendi a volte quasi quarantenni – ma pure i sacerdoti e le famiglie che li accompagnano nella preparazione al Sacramento.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]I[/dropcap]l “testimone” evangelico della serata sarà Nicodemo, il fariseo discepolo che andò a interrogare il Maestro Gesù di notte: un invito vivente a “nascere di nuovo”, in quest’Anno della fede, per accogliere nella nostra vita, e nella vita a due in particolare, la luce del Risorto.
Lo stesso Risorto che, per chi sceglie di sposarsi in chiesa, diventa la roccia su cui costruire la casa. Oltre a una buona dose di coraggio c’è sempre più, in questa decisione, una doppia provocazione nei confronti della mentalità contemporanea. Involontaria, forse, ma senz’altro salutare.
Sposarsi invitando alle nozze anche Gesù, come a Cana di Galilea, è già una volontà da non dare più per scontata: la fede che mise in cammino Abramo verso una terra sconosciuta è la stessa richiesta ai due che in una carne sola iniziano una vita nuova come famiglia, promettendosi davanti a Dio un “per sempre” che spaventa i giovani come gli adulti.
Ma oggi come oggi, in modo quasi paradossale, è il fatto stesso di volersi sposare secondo il piano naturale fissato dal Creatore, tra un uomo e una donna, ad assumere un inedito valore positivo di testimonianza per tutti i “fidanzati”. Quel dato originario, che nessuno dei loro genitori si sarebbe sognato di porre in discussione, è infatti frustato dalla cultura dei desideri-diritti che guadagna metri oltre e dentro confine. Veglia fidanzati San Valentino

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]N[/dropcap]on c’è niente di ostile, né di rivendicativo, nel richiamare con forte preoccupazione lo strappo etico e antropologico che in Francia e in Gran Bretagna va consumandosi per legge con l’approvazione del “matrimonio per tutti”, cioè anche fra persone del medesimo sesso. Perché in gioco c’è la verità sull’uomo e sulla donna: una questione di ragione, tutt’altro che un vincolo confessionale o una battaglia omofobica, come taluni vorrebbero far pensare per buttarla in rissa.
“Modernità” non può significare manomettere i fondamenti del matrimonio naturale e di conseguenza della catena procreativa che ha fatto arrivare fin qui i nostri avi e noi.
Benedetto XVI lo ha ricordato nel suo discorso alla Curia romana del 21 dicembre 2012: “Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato… Se non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria”.

[dropcap font=”arial” fontsize=”36″]E[/dropcap] il vescovo Camisasca, con altrettanta chiarezza, l’ha ribadito nella festa della Santa Famiglia di Nazareth, il 30 dicembre scorso nella basilica di San Prospero: “I figli hanno diritto, ordinariamente, di trovare un padre e una madre, a cui guardare, da cui imparare le prime parole e i primi passi della vita. Un uomo e una donna. Nessuna legge umana può cancellare questo dato della natura”.
A chi si sposa in chiesa, il Sacramento porta in dote la grazia del Risorto; per tutti, però, il codice ontologico su cui costruire la famiglia non deve vacillare.

Edoardo Tincani

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